Déjà Vu

Dèjà Vu, installazioni nei luoghi della memoria perduta

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E’ nel concetto di permanenza della memoria che si definisce la nostra esistenza. Fragilità della memoria riferita inoltre non solo ad una identità ma anche alla memoria collettiva, che trasuda ed attinge nei propri cromosomi ai luoghi, al passato, alla storia.
La sostanza fragile dell’immortalità, l’assenza del susseguirsi della nostra immagine necessita di una memoria forte di noi dopo l’oltre. Così nella cessazione della memoria c’è l’immortalità che si conclude.
“Déjà vu” ripercorre tale fragilità dell’incarnazione, di noi come tali, come uomini, come l’essere e come l’esserci. Richiama in un sussulto la fragilità della nostra identità e la difficoltà della permanenza e prorogazione della memoria e si racconta in un luogo utopico, un luogo (Monteruga) realizzato dalla razionalità, ma che come ogni cosa si esaurisce e si consuma nel proprio organico e muore.
L’incongruenza, lo shock (lo stoss) di alterazioni fra immagini, riconoscimenti olfattivi, suoni, fra recupero e riconoscimento e black out del contraddittorio, ci riconduce alla nostra coscienza univoca e sociale.
Priscilla Imbriani

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“Il  déjà-vu, talvolta scritto  déjà vu  (pron.  francese  /deʒavy/  ascolta[?·info], “già visto“), è un  fenomeno psichico  rientrante nelle forme di alterazione dei ricordi (paramnesie): esso consiste nella sensazione erronea di aver già visto un’immagine o di aver già vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando (déjà-vécu). Seppur impropriamente, viene anche chiamato «falso riconoscimento».
Caratteristiche del fenomeno
L’esperienza del  déjà vu  è accompagnata da un forte senso di familiarità, ma di solito anche dalla consapevolezza che non corrisponde realmente ad una esperienza vissuta (e quindi si vive un senso di “soprannaturalità”, “stranezza” o “misteriosità”): l’esperienza “precedente” è perlopiù attribuita ad un sogno. In alcuni casi invece c’è una ferma sensazione che l’esperienza sia “genuinamente accaduta” nel passato.
Per tentare di spiegare scientificamente il fenomeno, una possibile ipotesi generale (di basso livello interpretativo o inferenziale) sembra essere quella di una falsa sensazione di familiarità (e quindi di “già visto”), e cioè dovuta ad una alterazione (patologica o momentanea; selettiva o pervasiva) delle  funzioni cognitive  di riconoscimento (attenzione) e recupero (memoria). Questo senso di familiarità, ad alto valore emotivo, si può estendere (in maniera pervasiva) a tutti gli elementi presenti in quel momento nell’ambiente percepibile, anche se nuovi. Altresì potrebbero rimanere normali (selettivamente) altre funzioni cognitive: da ciò proverrebbe, ad esempio, la consapevolezza per cui “ma no, non è vero: non l’ho già vissuto” che in molti casi si prova, in discordanza con la sensazione.”
Fonte Wikipedia