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Monteruga

La vita, a Monteruga, se n'è andata trent'anni fa. E non è vero che a volte il tempo si ferma: qui ha scavato lentamente, permettendo all'incuria e alla desolazione di trasformare una fiorente azienda agricola in un paese fantasma. Salento, sulla strada che congiunge San Pancrazio salentino a Torre Lapillo: Monteruga è un borgo nato in epoca fascista, dallo sviluppo dell'omonima masseria che come tante altre costellava le campagne tra San Pancrazio, Salice e Veglie. La frazione appartiene tuttora a quest'ultimo comune, e continua a essere segnalata dalle indicazioni stradali di recente fattura. Eppure, a voler entrarci, non è semplice. Bisogna ignorare i cartelli arrugginiti che indicano la proprietà privata, e una volta arrivati in quella che un tempo era la piazza centrale, non farsi prendere dalla suggestione.
Il portone della chiesa è sfondato, come nel più banale dei film dell'orrore. All'interno i calcinacci hanno invaso l'altare, e fuori la scena non è poi tanto diversa: il porticato dove un tempo c'erano le dimore dei contadini  -  anche stagionali, fino ad arrivare a 800 abitanti  -  sta crollando, come il soffitto di buona parte degli edifici, di quello che un tempo era il frantoio, del deposito tabacchi e della cantina. Sì, perché a Monteruga c'era tutto
il necessario perché si parlasse di un vero e proprio paese: la scuola rurale e la caserma, la chiesa e il dopolavoro, la piazza e il campo da bocce. Qui la vita c'era, fino a metà degli anni '80, e ha lasciato il segno. Quell'agglomerato di epoca fascista  -  con i motti tipici del regime ancora leggibili all'interno dello stabilimento vitivinicolo  -  riuniva le masserie dei dintorni, nuclei isolati che avevano visto la possibilità del salto di qualità quando la Sebi (Società elettrica per bonifiche e irrigazioni) aveva acquistato un paio di strutture dell'Arneo, accaparrandosi oltre mille ettari di terreno.

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Era il progresso, e a Monteruga erano arrivate famiglie intere dal basso Salento e da altre regioni. C'era una comunità autonoma che viveva dei prodotti della terra  -  divisi ovviamente in percentuali, a favore dell'azienda  -  c'erano amori e matrimoni, campi estivi e comunioni. "La festa più attesa era quella di sant'Antonio, il 17 gennaio. Nostro padre comprava i regali per i bambini, per conto dell'azienda", ricordano Elio e Adriana Diso. Loro a Monteruga ci sono nati, erano "i figli del fattore Pippi, privilegiati perché la nostra casa era l'unica con il bagno interno. Le altre, una cucina e una camera da letto per famiglia, ce l'avevano all'esterno". I ricordi di Elio e Adriana sono quelli di ogni infanzia spensierata, vissuta inseguendo un pallone all'aria aperta o giocando con le bambole, "in una distesa di pini infinita". Adriana a Monteruga si è pure sposata, alla fine degli anni '70. Il declino del suo paese d'origine, di quel luogo del cuore che ormai esiste solo nella sua memoria, sarebbe arrivato di lì a poco. Complice la privatizzazione, la spartizione dei terreni, la pulsione dei centri urbani che attiravano a sé sempre più agricoltori. Monteruga si è sfaldato come una zolla, passando da una mano all'altra: dopo l'Ente riforma e l'Iri, si è parlato di un influente esponente del partito socialista dell'era Craxi, di un borgo usato come merce di scambio politico  -  soprattutto per il valore degli sconfinati terreni circostanti, molto fertili  -  dell'interesse di vari imprenditori fino a Maurizio Zamparini, il presidente del Palermo calcio che un paio d'anni fa aveva messo gli occhi sulla proprietà, con l'obiettivo  -  poi sfumato  -  di trasformarla nel più grande parco fotovoltaico d'Europa. Il risultato è che Monteruga è ormai morto, se non fosse per la memoria di chi ci ha vissuto. Le istituzioni hanno chinato troppo spesso il capo, non hanno voluto vederne le potenzialità: altrove una realtà del genere sarebbe già listata come uno dei "borghi più belli d'Italia".

Così come sarebbe stato semplice intravedere l'attrattiva turistica che il Salento aveva cominciato a esercitare per farne un resort di lusso, di quelli che tanto piacciono agli stranieri. Ancora, Monteruga è in una posizione strategica, sulla linea che congiunge l'Adriatico allo Ionio, proprio accanto alla pista Prototipo acquisita di recente dalla Porsche. Invece niente, il borgo resta a guardare e diventa ogni giorno più spettrale. L'unico turismo che sembra conoscere è quello dell'abbandono, quello di curiosi o audaci che si infilano tra sterpaglie ed edifici fatiscenti alla ricerca di nulla in particolare. È un fantasma, che ogni tanto ritorna agli onori delle cronache. L'ultima volta lo scorso autunno, l'ennesimo schiaffo alla purezza dei ricordi di Elio e Adriana Diso: due fratelli  -  ironia della sorte  -  sono stati arrestati perché avevano trasformato i casolari in un night club, avviando un giro di prostituzione.

fonte

http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/04/12/news/la_storia_breve_di_monteruga-56505756/

 
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